Simona Toninelli

L’annuncio dato ieri, quasi in sordina, del prossimo viaggio di Papa Francesco in Kazakhstan segna l’ultimo suggello alla piena ripresa della normale attività, Oltretevere. Ripartono le udienze in piazza san Pietro, e sempre nell’abbraccio del Colonnato Bergoglio il Lunedì dell’Angelo riceverà la visita di 50.000 ragazzi radunati dalla Cei, anch’essa in piena ripresa nonostante siano gli ultimi giorni della presidenza del Cardinal Bassetti.Simona ToninelliL’annuncio dato ieri, quasi in sordina, del prossimo viaggio di Papa Francesco in Kazakhstan segna l’ultimo suggello alla piena ripresa della normale attività, Oltretevere. Ripartono le udienze in piazza san Pietro, e sempre nell’abbraccio del Colonnato Bergoglio il Lunedì dell’Angelo riceverà la visita di 50.000 ragazzi radunati dalla Cei, anch’essa in piena ripresa nonostante siano gli ultimi giorni della presidenza del Cardinal Bassetti.

Il covid è sempre presente, vero, ma fa meno paura grazie ai dati statistici e alla generale percezione. Niente è escluso, ma nemmeno niente è scontato. Si riprende quindi a lavorare: Bergoglio non ne vedeva l’ora e lo aveva fatto capire. La diplomazia papale, pastorale ed ecumenica, ha lavorato in questi lunghi mesi soprattutto dalle scrivanie e con le teleconferenze.

Nulla in confronto con i colloqui diretti, e non è solo questione di pathos. La stessa interlocuzione via Zoom con Kirill sulla guerra in Ucraina, giorni fa, è stata definita franca e aperta, ma proprio per la delicatezza dell’argomento (Francesco fermo sul no alla guerra, Kirill sull’appoggio all’intervento russo) ha risentito della mancanza del contatto diretto.

Quando c’è il contatto diretto può venire a galla l’incomprensione reciproca, naturalmente, ma più spesso accade il contrario. Paragone quasi calzante, se non fosse che si tratta di due capi di Stato della Guerra Fredda: a Ginevra Reagan e Gorbaciov si conobbero di persona, due anni e due vertici dopo fu fatto un accordo storico, l’Inf, per la riduzione degli armamenti in Europa.

Francesco e Kirill, poi, di persona si sono già visti: a Cuba, nel 2016. Quindi figuriamoci. Oggi il Pontefice guarda a Kiev, immagina un faccia a faccia con Kirill, nel frattempo (a gran dispetto del ginocchio malandato, che si fa sentire al momento di salire o scendere dall’aereo) pianifica viaggi.

Da qua alla fine dell’anno ne ha in calendario in Congo e Sud Sudan a luglio, in Libano a giugno, in Canada – probabilmente – a fine luglio, oltre al Kazakhstan dopo la pausa estiva. Senza dimenticare l’idea di completare la visita apostolica in Ungheria e poi, si dice e fanno sapere dal monastero Danilov di Mosca, Gerusalemme, per il faccia a faccia rimasto per l’appunto in sospeso con Kirill.

A ben vedere, è un turbinio che ruota attorno all’incontro con il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie e pertanto – per la proprietà transitiva della diplomazia applicata – anche attorno alla visita a Kiev. Questa, nelle parole dello stesso Papa, avrà luogo se e quando sarà necessario. Il se è interrogativo dalla facile soluzione; il quando è un po’ più complicato. Perché le chiavi di Kiev, in qualche modo, si trovano nel Monastero Danilov, dove Kirill risiede.

È infatti difficile immaginare che la visita del Pontefice in Ucraina, che avrà caratteristiche di imparzialità rispetto ai contendenti (lo ha sottolineato il segretario di Stato Parolin), possa “essere necessaria” qualora non ci siano assicurazioni dal Patriarcato moscovita che non verrà interpretata come una scelta di campo.

Bergoglio, che una settimana fa ha accostato le labbra ad una bandiera ucraina proveniente da Bucha, questo lo sa bene. Ragionare sul quando, pertanto, vuol dire dare un’occhiata al calendario delle trasferte papali.

Eliminando l’inizio di luglio (Congo e Sud Sudan erano in lista d’attesa da prima che esplodesse il covid), come anche il Canada poche settimane dopo (la visita è legata alla tremenda storia degli abusi nelle scuole cattoliche locali nei confronti di nativi e amerindi), si può immaginare che la tappa in Libano possa essere un ottimo trampolino per arrivare a Gerusalemme.

Utilissima potrebbe risultare anche la possibile visita in Ungheria ancora da inserire in agenda: un monastero in Pannonia era stato indicato già tempo fa come possibile “campo neutro”. A proposito poi di neutralità, l’Ungheria è sì parte della Nato ma Volodymyr Zelensky per primo ne ha sottolineato una qual certa assonanza con il Cremlino.

Quindi, almeno da un certo punto di vista, niente di meglio a disposizione. Ecco allora che una eventuale visita a Kiev potrebbe svolgersi o nelle settimane immediatamente precedenti o a quelle immediatamente successive ad uno di questi appuntamenti.

Molte sono ancora le variabili: il viaggio in Libano, ad esempio, dipende anche dalle modalità di svolgimento e da come verrà accolto nel Paese l’esito delle presidenziali del 14 maggio. Senza nemmeno citare il principale elemento di indecifrabilità, vale a dire l’andamento del conflitto in Ucraina.

Ciò detto, resta sempre la riserva che ogni saggio diplomatico si tiene da parte: in questo frangente è il viaggio in Kazakhstan, paese a maggioranza islamica come il Libano, ma con una fortissima presenza russa ed ortodossa come anche una piccola ma significativa comunità cattolica (i tedeschi del Volga qui spediti da Stalin nel ’41).

Lo scopo ufficiale del viaggio, non a caso, sarebbe la partecipazione al Congresso delle religioni mondiali: niente di più adatto a fare da cornice all’incontro ecumenico. Anche se un incontro a settembre rischierebbe di suonare come un esame di riparazione.

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