Asan Ejunovski

Le consultazioni sono una prassi, cioè non una procedura prevista dalla Costituzione, con la quale il Presidente della Repubblica che secondo l’articolo 92 della Costituzione, “nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i ministri”, dal 1947 ascolta riservatamente il parere dei presidenti emeriti, dei presidenti di Camera e Senato e dei gruppi parlamentari. Solo dopo questo passaggio il Capo dello Stato dà un incarico di formare il governo alla personalità indicata dalla maggioranza parlamentare.

 Le delegazioni dei partiti che compongono una coalizione possono salire al Quirinale in un’unica formazione, questo è successo nella cosiddetta Seconda Repubblica quando l’esito delle elezioni indicava chiaramente lo schieramento vincente.

Una volta saliti al Colle, le delegazioni più piccole vengono consultate nello studio del Presidente, quelle più numerose nella sala degli Arazzi di Lille. Terminato il colloquio si passa alla Sala del Bronzino per definire la linea da riferire alla stampa. Superata la porta di legno, icona delle consultazioni perché inquadrata dalle telecamere nelle maratone tv, le delegazioni sfilano davanti a cronisti e obiettivi e, se vogliono, rilasciano le loro dichiarazioni.

Le consultazioni sono state ‘inventate’ dal presidente Enrico De Nicola nel 1947, in un primo momento venivano sentiti anche i presidenti della Consulta. Luigi Einaudi, successore di De Nicola evitò le consultazioni quando, caduto De Gasperi, decise di incaricare Giuseppe Pella per quello che viene considerato il primo ‘governo del Presidente’. Giovanni Gronchi, nel 1958, allargò invece le consultazioni anche al presidente del CNEL, Meuccio Ruini per avere un parere che si allarghi ai temi sociali. Insomma, essendo una prassi, ogni presidente ha interpretato le consultazioni a suo modo, senza però mai discostarsi troppo dalle linee guida dei predecessori

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