Simona Toninelli
L’Assemblea generale delle Nazioni Unite scelse il 25 novembre come data e sollecitò i governi, le organizzazioni internazionali e le Ong a spendere quel giorno per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della violenza contro le donne. Violenza non solo fisica, ma intesa anche come disuguaglianza, disparità di trattamento sociale ed economico.
Da allora, dopo 22 anni, panchine e scarpe rosse, divenuti ormai simboli del tema e della giornata, sono ovunque. “Negli ultimi decenni sono stati compiuti sforzi significativi per riconoscerla, eliminarla e prevenirla in tutte le sue forme. Tuttavia, per troppe donne, il diritto ad una vita libera dalla violenza non è ancora realtà”. Parole contenute nel messagio del Presidente della Republbica Sergio Mattarella, per il quale “denunciare una violenza è un atto che richiede coraggio, abbiamo il dovere di sostenere le donne che hanno la forza di farlo”.
Su questo fronte le forze di polizia organizzano ogni anno, in questa giornata, ma non solo, iniziative e incontir per informare e sensibilizzare le donne a uscire dal silenzio.
“La violenza contro le donne uccide più della mafia. Agire ‘dopo’ con pene esemplari non è sufficiente, bisogna riconoscere i segnali prima e fermare i violenti con fermezza. La donna deve essere ascoltata e creduta. E questo non sempre succede. Il Parlamento approvi quanto prima il pacchetto antiviolenza che abbiamo messo a punto con il precedente governo”. Lo scrive sui social Mara Carfagna, deputata e presidente di Azione, che nel 2009 fece approvare una legge sul reato di stalking.
Le denunce, quei tentativi di liberarsi soprattutto dalla spirale di rapporti familiari ‘malati’, sono aumentate e secondo l’Istat sono circa 19.600 le donne che hanno affrontato nel 2021 il percorso di uscita dalla violenza con l’aiuto dei Centri antiviolenza, di cui il 30% di nazionalità straniera.
Più del 70% delle donne cerca aiuto nei Centri antiviolenza dopo che ha subito per anni episodi di violenza.